Quante volte ti sei sentitə di essere trattatə come un contenitore da riempire di un’infinità di nozioni?
Quante volte hai pensato che avresti preferito che il tuo corso di laurea ti insegnasse a sviluppare delle capacità pratiche al fine di risolvere problemi concreti e reali?
Quante volte ti sei chiestə perché stavi perdendo tempo a lezione, se tanto lə docente non stava facendo altro che leggere le slides o ripetere stancamente e senza pathos una lezione che avresti potuto benissimo leggere su un libro o su un articolo in meno della metà del tempo?
Se ti sei postə almeno una volta questa domanda, il problema è chiaro.
La didattica erogata al Politecnico è semplicemente obsoleta.
Premessa: questo articolo non intende generalizzare su docenti e collaboratori. L’autrice ha infatti incontrato grandi insegnanti nel suo percorso, a cui è molto affezionata. L’articolo vuole riferirsi alla responsabilità di una parte del corpo docente che non si impegna appieno per offrire il miglior servizio possibile, indagandone le cause, le conseguenze e proponendo spunti di riflessione su possibili soluzioni, alcuni dei quali non appariranno come nuovi per la comunità studentesca.
Fatta questa premessa, be’… Siamo (moltə di noi) aspiranti ingegnerə? Comportiamoci come tali!
Scomponendo il problema fino alle sue radici, ci troviamo di fronte ad almeno una biforcazione.
Percorso Γ1 :
Qual è il primo mattoncino per eccellenza della didattica universitaria? Quello che se ne metti in fila 180 ottieni una laurea triennale e con 120 una magistrale?
Il CFU! Ma che cos’è veramente un CFU?
1 CFU (al Politecnico) = 10 ore di lezioni frontali/attività didattiche + 15 ore di studio individuale
La proporzione di ore di lezione sul totale è a discrezione dell’Ateneo (in accordo con il decreto sull’autonomia didattica degli atenei del 1999), e, nel nostro caso, è una percentuale molto alta, ma è in corso un dibattito per diminuire questa percentuale per ragioni principalmente logistiche.
[Per maggiori ed esaustivi approfondimenti sul rapporto CFU/ore, confronti con altri Atenei e riflessioni sul dibattito in corso al Politecnico, si rimanda a questo articolo]
Ritengo che questo rapporto non rispecchi la realtà dei fatti e che le ore di studio individuale necessarie per ottenere dei buoni risultati siano, nella stragrande maggioranza dei casi, molte di più (specialmente nei corsi con laboratori, relazioni e consegne periodiche)!
L’idea di modificare il valore di questo rapporto attuale è sensata, purché non si riduca ad un mero stratagemma per liberare più aule e assegnarci parte del programma da fare da solə a casa. E diciamocelo, purtroppo questo rischio c’è.
La direzione del rinnovamento della didattica, nella speranza che sia universalmente riconosciuto come necessario, deve seguire il seguente paradigma: più qualità, meno quantità.
· È necessario innovarsi nella didattica cercando il modo più coinvolgente di arrivare a tuttə lə studentə, presenti e non
· È necessario aggiornare slides e materiale didattico di anno in anno
· È necessario impegnarsi a percepire il livello di ricezione della classe, trovare il giusto passo ed evitare di ripetere a pappagallo una lezione che non sta catturando l’attenzione di nessunə
· È necessario che le esercitazioni siano quanto più complete ed esaustive possibile e che lə studentə non si sentano completamente persə durante l’esame data la differenza di difficoltà con ciò che è stato fatto in aula, ed evitare che si preparino solo e unicamente attraverso vecchi temi d’esame
· È necessario che si instauri un minimo livello di empatia tra docenti e studentə.
Per raggiungere questo obiettivo, probabilmente sarà necessaria una Rivoluzione del sistema attuale. Vi fa paura?
Vi sentite più confortatə a sapere che almeno il 90% dellə studentə si dimentica la maggior parte di ciò che sapeva all’esame, perché tolti i concetti generali, importanti e (soggettivamente) interessanti, tutto il resto era stato appiccicato in testa in vista di quel giorno per poi essere prontamente cestinato?
Non siamo dei contenitori.
Non siamo sempre in ritardo col programma, non siamo sempre di corsa, non c’è sempre fretta.
Ogni argomento che viene scelto per essere approfondito può e deve essere trattato con il tempo e la calma che richiede.
Questo significa ridurre la quantità di argomenti e insegnamenti per aumentare sensibilmente la qualità dell’erogazione.
Non stiamo quindi parlando di “fare meno”, ma di “fare meglio”. Si tratta di un cambiamento che richiede più impegno da parte di tuttə, sia lato studentə che docenti!
Percorso Γ2 :
L’altro principale motivo per cui moltə docenti sembrano non devolvere al loro lavoro di insegnanti tutto l’entusiasmo, la dedizione e la precisione che noi studentə ci aspetteremmo, è che fondamentalmente non vengono valutatə per questo.
Anzi, è quasi come se questo non fosse il loro principale lavoro.
Mi spiego meglio: lə candidatə, al fine di diventare docenti di prima fascia, principalmente, vengono valutatə per il loro lavoro di ricerca: ovvero sulla base del numero delle loro pubblicazioni e dei loro titoli (altri criteri sono l’attribuzione di incarichi in altri Atenei “importanti”, capacità di coordinare gruppi di ricerca, eventuale direzione di una rivista, capacità di attrarre finanziamenti competitivi, etc).
[Fonte: Decreto Rettorale n. 707 del 22 luglio 2020]
La domanda, che si pone come un auspicabilissimo suggerimento, sorge spontanea: che sia ora di includere dei parametri effettivamente relativi all’attività didattica per lavoratorə che svolgono giornalmente il compito di istruire e formare centinaia di studentə?
Secondo noi, sarebbe decisamente ora.
E magari in quel caso di buon grado compileremmo sempre tutti i CPD, se pensassimo che valgano poco più che carta igienica digitalizzata.
In conclusione,
ci sarebbero tanti altri aspetti da trattare, quali la distribuzione del peso dei semestri, l’organizzazione delle (pochissime) sessioni d’esame, l’organizzazione e lo svolgimento delle attività di didattica non frontale (quali esercitazioni, laboratori, revisioni, tutoraggi, etc) che andrebbero gestite e regolamentate un po’ meglio, e via dicendo: mi auguro caldamente che tutte le questioni vengano analizzate, messe in discussione e ragionate nelle sedi opportune.
Gli obiettivi cardine, a mio parere, della formazione da erogare in Atenei “tecnici” come il nostro a studentə di ingegneria, pianificazione, architettura e design sono due: aiutarci a sviluppare competenze reali e spendibili per fronteggiare problemi concreti e attuali (mica destinate solo a chi fa il percorso intraprendenti o altre attività extra: intendo proprio a tuttə) e, non meno importante, incuriosirci.
Spero che si continuerà a lavorare senza perderli di vista.